venerdì 28 dicembre 2007
un bacio appassionato
E anche tu intanto sei oggetto di lettura, o Lettore: la Lettrice ora passa in rassegna il tuo corpo come scorrendo l'indice dei capitoli, ora lo consulta come presa da curiosità rapide e precise, ora indugia interrogandolo e lasciando che le arrivi una muta risposta, come se ogni sopraluogo parziale non le interessasse che in vista d'una ricognizione spaziale più vasta. Ora si fissa su dettagli trascurabili, magari piccoli difetti stilistici, per esempio il pomo d'Adamo prominente o il modo che ha d'affondare la testa nel cavo del suo collo, e se ne serve per stabilire un margine di distacco, riserva critica o confidenza scherzosa; ora invece il particolare scoperto incidentalmente viene valorizzato oltremisura, per esempio la forma del tuo mento o uno speciale tuo morso nella sua spalla, e da questo suo avvio lei prende slancio, percorre (percorrete insieme) pagine e pagine da cima a fondo senza saltare una virgola. [...]
Dalla lettura delle pagine scritte, la lettura che gli amanti fanno dei loro corpi [...] differisce in quanto non è lineare. Attacca da un punto qualsiasi, salta, si ripete, torna indietro, insiste, si ramifica in messaggi simultanei e divergenti, e torna a convergere, affronta momenti di fastidio, volta pagina, ritrova il filo, si perde. Vi si può riconoscere una direzione, il percorso verso un fine, in quanto tende a un climax, e in vista di questo fine dispone fasi ritmiche, scansioni metriche, ricorrenze di motivi. Ma il fine è proprio il climax? O la corsa verso quel fine è contrastata da un'altra spinta che s'affanna controcorrente, a risalire gli attimi, al recupero del tempo? [...]
L'aspetto in cui l'amplesso e la lettura s'assomigliano di più è che al loro interno s'aprono tempi e spazi diversi dal tempo e dallo spazio misurabili."
martedì 25 dicembre 2007
giovedì 20 dicembre 2007
frida
giovedì 13 dicembre 2007
domenica 9 dicembre 2007
Sant'Antonio, protettore delle catene
Se non rinvii questa mail entro 4,5 secondi
giovedì 6 dicembre 2007
sabato 1 dicembre 2007
venerdì 30 novembre 2007
domenica 25 novembre 2007
un paradiso abitato da diavoli?
lunedì 12 novembre 2007
domenica 11 novembre 2007
afrodita
domenica 4 novembre 2007
Adrien Brody e gli O'bei O'bei
Se già ero innamorata di Ken Loach ne "Il vento che accarezza l'erba" (mettere tra le cose da fare "vedere Il vento che accareza l'erba"), con questo film Ken Loach ha doppiato il suo già primato. E sì che avrebbe potuto anche tripicarlo con l'uscita del suo nuovo film "In questo mondo libero", che però PURTROPPO NON HO VISTO (mettere tra le cose da fare "vedere In questo mondo libero").
Novembre è il mese più brutto (tranne il 7): lo si inizia già agognando dicembre. E che cosa le donne agognano, nel senso proprio della voce del verbo AGOGNARE, più di tutto in dicembre? No, non sono le compere natalizie. E' la FIERA DELL'ARTIGIANATO! Che in realtà comprende anche parte delle compere natalizie, perchè siamo solo ai primi del mese, ma noi, scaltre, ci portiamo avanti. E il bipede maschile, dopo il weekend all'ikea, sarà indirizzato a una marcia forzata anche tra gli empori della fiera.
Ovviamente poi ci sono gli O' bei O' bei....eh, mica si può mancare...
venerdì 2 novembre 2007
i bambolotti down
mercoledì 31 ottobre 2007
non c'è un titolo
Dieci persone diverse daranno altrettante versioni diverse, inoltre, al cambiare dell’età, cambia anche ciò che crediamo sia l’amore, tanto che mi viene da chiedermi: ma l’amore esiste? Oppure è solo un’illusione, una panacea.
Probabilmente l’amore che si prova quando ci s’innamora, quello che scoppia improvviso e che ci dà le palpitazioni, è cosa ben diversa dall’amore nella sua essenza più profonda.
La verità, per quanti discorsi possiamo fare, è che amare qualcuno, nella maggior parte dei casi, coincide con il concetto di possedere qualcuno, di averne, in qualche modo, l’esclusiva. È per questo che si chiedono e si cercano continue conferme, le cosiddette prove d’amore.
Più si ama e più si è gelosi, finendo per temere che l’altro possa avere pensieri e desideri in cui noi non veniamo per niente presi in considerazione. Può succedere, invece, che quando la gelosia finisce, porti con sé anche tutto l’amore che provavamo o che credevamo di provare.
Forse la vera prova d’amore è quando smettiamo di essere gelosi, smettendo di cercare il possesso e l’esclusiva, e continuiamo ad amare. Solo in questo caso, credo, si può parlare d’amore; il resto è artificio.
- Massimo Petrucci -
domenica 28 ottobre 2007
se nun te la voi levare mo' me ne vado a ca'
Quando noi donne normali, mogli e figlie, fidanzate e nonne, ci ribelleremo sarà veramente artistico. Spero di esserci.
http://www.video.mediaset.it/video.html?sito=speciale&categoria=speciale_calendari
venerdì 26 ottobre 2007
venerdì 19 ottobre 2007
giovedì 18 ottobre 2007
lunedì 15 ottobre 2007
Malèna
Di Tornatore ovviamente non si può dire niente: troppo spesso ce ne sbattiamo dell'importanza delle inquadrature, vediamo solo quello che c'è dentro, ma in questo film è impossibile fermarsi a questo.
giovedì 11 ottobre 2007
Giotto e Cimabue
martedì 9 ottobre 2007
Asso
Siccome questo blog non si ferma mai, e io non mi fermo mai (neppure di copiare, visto che l'idea viene da una delle alte menti della BrianzaPride - vomitevolissimevolmente ho brutti giri -), ho aggiunto un nuovo affarino un po' più in basso a destra (qualora cambiasse la grafica del suddetto blog, si troverà a sinistra).
L'affarino consta in una chatbox, che effettivamente non ha nessuna utilità in questo blog (visto che i commenti si contano sulle dita di una mano, nonostante io sappia che qualcuno lo visiti regolarmente, ma si vergogna a scrivere qualcosa, e gli unici che mi scrivono sono principalmente il procione o lo slicio, e ho detto tutto).
Ma siccome io sono all'avanguardia ce lo piazzo lo stesso, a costo di dover tirare avanti a monologhi anche lì.
Siccome i miei brutti giri non sono finiti, vi dò il link di un altro losco affare, che però vale la pena ogni tanto di guardare (oggi in particolar modo, e se andrete a vedere capirete il perchè): http://asso.noblogs.org/
sabato 6 ottobre 2007
venerdì 5 ottobre 2007
mercoledì 3 ottobre 2007
continuo a scopiazzare
Courbet, L'origine del mondo
mai immagine più azzeccata per i nostri tempi...martedì 2 ottobre 2007
venerdì 28 settembre 2007
mercoledì 26 settembre 2007
Oliviero Toscani e Nolita dicono NO all'anoressia!
La protagonista della campagna è la magrissima giovane francese Isabelle Caro, che da oggi appare sui giornali e sui manifesti affissi nelle maggiori città. Il suo corpo, di soli 31 chili, è stato scelto come testimonial per la campagna pubblicitaria, accompagnata dallo slogan "No anoressia", della casa di moda Nolita, del gruppo Flash&Partners.
La donna, completamente nuda , ha deciso di accettare di mostrarsi "perchè la gente sappia e veda davvero, a che cosa può portare l’anoressia". Una campagna che ha ricevuto l’approvazione del ministro della Salute Livia Turco, che ha dichiarato di apprezzarne sia i contenuti che le modalità di realizzazione.
La campagna pubblicitaria si rivolge in particolare alle giovani donne attente alle indicazioni delle mode e intende richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla malattia che, insieme alla bulimia, colpisce in Italia due milioni di persone ed è spesso causata dagli stereotipi imposti dal mondo della moda.
Paro paro da SpotX, mia grande fonte....grazie Sara!!
sabato 22 settembre 2007
curre curre curriculum
Nono sono amici miei...però quello col cappellino di paglia io lo conosco...ù
Con yuotube addio alla privacy....
mercoledì 19 settembre 2007
giovedì 13 settembre 2007
martedì 11 settembre 2007
Il pianto della scavatrice
Solo l'amare, solo il conoscere
conta, non l'aver amato,
non l'aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L'anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d'esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri
piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti
agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare
ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri - in tuta o coi calzoni
di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori
chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.
Stupenda e misera città,
che m'hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,
le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa
delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato
con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d'estate;
a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire
che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono
fratelli proprio nell'avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi
vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare
esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognun, era il mondo.
Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra
muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette
lassù, un po' di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell'estate.
Trastevere, in un odore di paglia
di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide
risuonano d'incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
- sotto festoni di luci ormai sole -
verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l'anima era invasa
quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.
II
Povero come un gatto del Colosseo,
vivevo in una borgata tutta calce
e polverone, lontano dalla città
e dalla campagna, stretto ogni giorno
in un autobus rantolante:
e ogni andata, ogni ritorno
era un calvario di sudore e di ansie.
Lunghe camminate in una calda caligine,
lunghi crepuscoli davanti alle carte
ammucchiate sul tavolo, tra strade di
fango,
muriccioli, casette bagnate di calce
e senza infissi, con tende per porte...
Passano l'olivaio, lo straccivendolo,
venendo da qualche altra borgata,
con l'impolverata merce che pareva
frutto di furto, e una faccia crudele
di giovani invecchiati tra i vizi
di chi ha una madre dura e affamata.
Rinnovato dal mondo nuovo,
libero - una vampa, un fiato
che non so dire, alla realtà
che umile e sporca, confusa e immensa,
brulicava nella meridionale periferia,
dava un senso di serena pietà.
Un'anima in me, che non era solo mia,
una piccola anima in quel mondo
sconfinato,
cresceva, nutrita dall'allegria
di chi amava, anche se non riamato.
E tutto si illuminava, a questo amore.
Forse ancora di ragazzo, eroicamente,
e però maturato dall'esperienza
che nasceva ai piedi della storia.
Ero al centro del mondo, in quel mondo
di borgate tristi, beduine,
di gialle praterie sfregate
da un vento sempre senza pace,
venisse dal caldo mare di Fiumicino,
o dall'agro, dove si perdeva
la città fra i tuguri; in quel mondo
che poteva soltanto dominare,
quadrato spettro giallognolo
nella giallognola foschia,
bucato da mille file uguali
di finestre sbarrate, il Penitenziario
tra vecchi campi e sopiti casali.
Le cartacce e la polvere che cieco
il venticello trascinava qua e là,
le povere voci senza eco
di donnette venute dai monti
Sabini, dall'Adriatico, e qua
accampate, ormai con torme
di deperiti e duri ragazzini
stridenti nelle canottiere a pezzi,
nei grigi, bruciati calzoncini,
i soli africani, le piogge agitate
che rendevano torrenti di fango
le strade, gli autobus ai capolinea
affondati nel loro angolo
tra un'ultima striscia d'erba bianca
e qualche acido, ardente immondezzaio...
era il centro del mondo, com'era
al centro della storia il mio amore
per esso: e in questa
maturità che per essere nascente
era ancora amore, tutto era
per divenire chiaro - era,
chiaro! Quel borgo nudo al vento,
non romano, non meridionale,
non operaio, era la vita
nella sua luce più attuale:
vita, e luce della vita, piena
nel caos non ancora proletario,
come la vuole il rozzo giornale
della cellula, l'ultimo
sventolio del rotocalco: osso
dell'esistenza quotidiana,
pura, per essere fin troppo
prossima, assoluta per essere
fin troppo miseramente umana.
III
E ora rincaso, ricco di quegli anni
così nuovi che non avrei mai pensato
di saperli vecchi in un'anima
a essi lontana, come a ogni passato.
Salgo i viali del Gianicolo, fermo
da un bivio liberty, a un largo alberato,
a un troncone di mura - ormai al termine
della città sull'ondulata pianura
che si apre sul mare. E mi rigermina
nell'anima - inerte e scura
come la notte abbandonata al profumo
una semenza ormai troppo matura
per dare ancora frutto, nel cumulo
di una vita tornata stanca e acerba...
Ecco Villa Pamphili, e nel lume
che tranquillo riverbera
sui nuovi muri, la via dove abito.
Presso la mia casa, su un'erba
ridotta a un'oscura bava,
una traccia sulle voragini scavate
di fresco, nel tufo - caduta ogni rabbia
di distruzione - rampa contro radi palazzi
e pezzi di cielo, inanimata,
una scavatrice...
Che pena m'invade, davanti a questi
attrezzi
supini, sparsi qua e là nel fango,
davanti a questo canovaccio rosso
che pende a un cavalletto, nell'angolo
dove la notte sembra più triste?
Perché, a questa spenta tinta di sangue,
la mia coscienza così ciecamente resiste,
si nasconde, quasi per un ossesso
rimorso che tutta, nel fondo, la contrista?
Perché dentro in me è lo stesso senso
di giornate per sempre inadempite
che è nel morto firmamento
in cui sbianca questa scavatrice?
Mi spoglio in una delle mille stanze
dove a via Fonteiana si dorme.
Su tutto puoi scavare, tempo: speranze
passioni. Ma non su queste forme
pure della vita... Si riduce
ad esse l'uomo, quando colme
siano esperienza e fiducia
nel mondo... Ah, giorni di Rebibbia,
che io credevo persi in una luce
di necessità, e che ora so così liberi!
Insieme al cuore, allora, pei difficili
casi che ne avevano sperduto
il corso verso un destino umano,
guadagnando in ardore la chiarezza
negata, e in ingenuità
il negato equilibrio - alla chiarezza
all'equilibrio giungeva anche,
in quei giorni, la mente. E il cieco
rimpianto, segno di ogni mia
lotta col mondo, respingevano, ecco,
adulte benché inesperte ideologie...
Si faceva, il mondo, soggetto
non più di mistero ma di storia.
Si moltiplicava per mille la gioia
del conoscerlo - come
ogni uomo, umilmente, conosce.
Marx o Gobetti, Gramsci o Croce,
furono vivi nelle vive esperienze.
Mutò la materia di un decennio d'oscura
vocazione, se mi spesi a far chiaro ciò
che più pareva essere ideale figura
a una ideale generazione;
in ogni pagina, in ogni riga
che scrivevo, nell'esilio di Rebibbia,
c'era quel fervore, quella presunzione,
quella gratitudine. Nuovo
nella mia nuova condizione
di vecchio lavoro e di vecchia miseria,
i pochi amici che venivano
da me, nelle mattine o nelle sere
dimenticate sul Penitenziario,
mi videro dentro una luce viva:
mite, violento rivoluzionario
nel cuore e nella lingua. Un uomo fioriva
IV
Mi stringe contro il suo vecchio vello,
che profuma di bosco, e mi posa
il muso con le sue zanne di verro
o errante orso dal fiato di rosa,
sulla bocca: e intorno a me la stanza
è una radura, la coltre corrosa
dagli ultimi sudori giovanili, danza
come un velame di pollini... E infatti
cammino per una strada che avanza
tra i primi prati primaverili, sfatti
in una luce di paradiso...
Trasportato dall'onda dei passi,
questa che lascio alle spalle, lieve e
misero,
non è la periferia di Roma: "Viva
Mexico!" è scritto a calce o inciso
sui ruderi dei templi, sui muretti ai bivii,
decrepiti, leggeri come osso, ai confini
di un bruciante cielo senza un brivido.
Ecco, in cima a una collina
fra le ondulazioni, miste alle nubi,
di una vecchia catena appenninica,
la città, mezza vuota, benché sia l'ora
della mattina, quando vanno le donne
alla spesa - o del vespro che indora
i bambini che corrono con le mamme
fuori dai cortili della scuola.
Da un gran silenzio le strade sono invase:
si perdono i selciati un po' sconnessi,
vecchi come il tempo, grigi come il
tempo,
e due lunghi listoni di pietra
corrono lungo le strade, lucidi e spenti.
Qualcuno, in quel silenzio, si muove:
qualche vecchia, qualche ragazzetto
perduto nei suoi giuochi, dove
i portali di un dolce Cinquecento
s'aprano sereni, o un pozzetto
con bestioline intarsiate sui bordi
posi sopra la povera erba,
in qualche bivio o canto dimenticato.
Si apre sulla cima del colle l'erma
piazza del comune, e fra casa
e casa, oltre un muretto, e il verde
d'un grande castagno, si vede
lo spazio della valle: ma non la valle.
Uno spazio che tremola celeste
o appena cereo... Ma il Corso continua,
oltre quella familiare piazzetta
sospesa nel cielo appenninico:
s'interna fra case più strette, scende
un po' a mezza costa: e più in basso
- quando le barocche casette diradano
ecco apparire la valle - e il deserto.
Ancora solo qualche passo
verso la svolta, dove la strada
è già tra nudi praticelli erti
e ricciuti. A manca, contro il pendio,
quasi fosse crollata la chiesa,
si alza gremita di affreschi, azzurri,
rossi, un'abside, pesta di volute
lungo le cancellate cicatrici
del crollo - da cui soltanto essa,
l'immensa conchiglia, sia rimasta
a spalancarsi contro il cielo.
È lì, da oltre la valle, dal deserto,
che prende a soffiare un'aria, lieve,
disperata,
che incendia la pelle di dolcezza...
È come quegli odori che, dai campi
bagnati di fresco, o dalle rive di un
fiume,
soffiano sulla città nei primi
giorni di bel tempo: e tu
non li riconosci, ma impazzito
quasi di rimpianto, cerchi di capire
se siano di un fuoco acceso sulla brina,
oppure di uve o nespole perdute
in qualche granaio intiepidito
dal sole della stupenda mattina.
Io grido di gioia, così ferito
in fondo ai polmoni da quell'aria
che come un tepore o una luce
respiro guardando la vallata
V
Un po' di pace basta a rivelare
dentro il cuore l'angoscia,
limpida, come il fondo del mare
in un giorno di sole. Ne riconosci,
senza provarlo, il male
lì, nel tuo letto, petto, cosce
e piedi abbandonati, quale
un crocifisso - o quale Noè
ubriaco, che sogna, ingenuamente ignaro
dell'allegria dei figli, che
su lui, i forti, i puri, si divertono...
il giorno è ormai su di te,
nella stanza come un leone dormente.
Per quali strade il cuore
si trova pieno, perfetto anche in questa
mescolanza di beatitudine e dolore?
Un po' di pace... E in te ridesta
è la guerra, è Dio. Si distendono
appena le passioni, si chiude la fresca
ferita appena, che già tu spendi
l'anima, che pareva tutta spesa,
in azioni di sogno che non rendono
niente... Ecco, se acceso
alla speranza - che, vecchio leone
puzzolente di vodka, dall'offesa
sua Russia giura Krusciov al mondo -
ecco che tu ti accorgi che sogni.
Sembra bruciare nel felice agosto
di pace, ogni tua passione, ogni
tuo interiore tormento,
ogni tua ingenua vergogna
di non essere - nel sentimento -
al punto in cui il mondo si rinnova.
Anzi, quel nuovo soffio di vento
ti ricaccia indietro, dove
ogni vento cade: e lì, tumore
che si ricrea, ritrovi
il vecchio crogiolo d'amore,
il senso, lo spavento, la gioia.
E proprio in quel sopore
è la luce... in quella incoscienza
d'infante, d'animale o ingenuo libertino
è la purezza... i più eroici
furori in quella fuga, il più divino
sentimento in quel basso atto umano
consumato nel sonno mattutino.
VI
Nella vampa abbandonata
del sole mattutino - che riarde,
ormai, radendo i cantieri, sugli infissi
riscaldati - disperate
vibrazioni raschiano il silenzio
che perdutamente sa di vecchio latte,
di piazzette vuote, d'innocenza.
Già almeno dalle sette, quel vibrare
cresce col sole. Povera presenza
d'una dozzina d'anziani operai,
con gli stracci e le canottiere arsi
dal sudore, le cui voci rare,
le cui lotte contro gli sparsi
blocchi di fango, le colate di terra,
sembrano in quel tremito disfarsi.
Ma tra gli scoppi testardi della
benna, che cieca sembra, cieca
sgretola, cieca afferra,
quasi non avesse meta,
un urlo improvviso, umano,
nasce, e a tratti si ripete,
così pazzo di dolore, che, umano,
subito non sembra più, e ridiventa
morto stridore. Poi, piano,
rinasce, nella luce violenta,
tra i palazzi accecati, nuovo, uguale,
urlo che solo chi è morente,
nell'ultimo istante, può gettare
in questo sole che crudele ancora splende
già addolcito da un po' d'aria di mare...
A gridare è, straziata
da mesi e anni di mattutini
sudori - accompagnata
dal muto stuolo dei suoi scalpellini,
la vecchia scavatrice: ma, insieme, il
fresco
sterro sconvolto, o, nel breve confine
dell'orizzonte novecentesco,
tutto il quartiere... È la città,
sprofondata in un chiarore di festa,
- è il mondo. Piange ciò che ha
fine e ricomincia. Ciò che era
area erbosa, aperto spiazzo, e si fa
cortile, bianco come cera,
chiuso in un decoro ch'è rancore;
ciò che era quasi una vecchia fiera
di freschi intonachi sghembi al sole,
e si fa nuovo isolato, brulicante
in un ordine ch'è spento dolore.
Piange ciò che muta, anche
per farsi migliore. La luce
del futuro non cessa un solo istante
di ferirci: è qui, che brucia
in ogni nostro atto quotidiano,
angoscia anche nella fiducia
che ci dà vita, nell'impeto gobettiano
verso questi operai, che muti innalzano,
nel rione dell'altro fronte umano,
il loro rosso straccio di speranza.
1956
sabato 8 settembre 2007
giovedì 6 settembre 2007
martedì 4 settembre 2007
mercoledì 29 agosto 2007
toda joia, toda beleza
domenica 26 agosto 2007
festa dell'Unità
this is the calendar if you are interested to.
Non rompete i maroni, veniteci!
venerdì 24 agosto 2007
Delitto e castigo
Donne nude in televisione tutto il giorno, e andiamo a dare la multa ai nudisti....
In Iran, uomini che compiono adulterio (vale a dire sesso pre-matrimoniale) fustigati in piazza...
Ma io mi chiedo se è tutto normale...ma siamo diventati scemi???
Forse mio nonno non è poi così distante dalla verità e neppure così bigotto quando mi dice: "MA DOVE SIAMO FINITI???"
martedì 21 agosto 2007
shhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhrek
La verità nelle cose semplici....
domenica 19 agosto 2007
enjoy me
sabato 18 agosto 2007
Inseguirò il tuo volo senza interferire mai
non sei sicuro di esserci mai stato, ma sei sicuro che ci stai tornando.
Ci sono strade luminose, strade senza voce ed altre invece senza il tempo,
non sei sicuro di esserci passato, ma sei sicuro che ci stai vivendo.
disperati come missili sparati verso cieli lontanissimi al di là delle galassie dentro a un buco nero.
non sai capire dove sei arrivato, ma sei sicuro che ora stai correndo"
martedì 31 luglio 2007
mercoledì 25 luglio 2007
What have I done
La campagna per la sensibilizzazione alla salvaguardia del nostro pianeta continua, coinvolgendo, dopo Madonna e tutti gli artisti del Concerto Live Earth, anche i Linkin Park... Ciau
lunedì 23 luglio 2007
Con una pistola puntata ai genitali
Ancora un'altra campagna per Aids, keep the promise, dal Portogallo.
Vedi Sara e il suo SpotX.
Forte, non quanto basta probabilmente per far breccia nella testa delle persone. Purtroppo.
Forte, abbastanza perchè qualcuno lo reputi inadatto e troppo esplicito. Purtroppo.
Si dovrebbe fare un sondaggio per vedere a quante persone questo tipo di pubblicità a effetto urto fa storcere il naso. Secondo me molte di più di quanto crediamo.
Non facciamo vedere ai nostri figli queste cose noi, no no. Ma le smelonze della Canalis sì.
Io approvo comunque. Questa campagna. Non la Canalis.
Happy Hippo and Co.
domenica 15 luglio 2007
Naked Ambition
«L’Italia è il Paese delle donne nude»
L’accusa del Financial Times. «Corpi esibiti in spot e tv, tradito il femminismo»
sabato 14 luglio 2007
1000 di questi giorni
Bè volevo fare un po' la faiga...Adios